Il mio incontro col Padel? Un vero e proprio fulmine a ciel sereno. Era il 2009, ero ancora un giocatore di hockey su pista. La mia carriera era all’ennesimo bivio. Avrei dovuto tornare a giocare a Follonica ma questo progetto non si concretizzò. Rimasi senza squadra e quindi decisi di andare a vivere qualche mese a Barcellona (Spagna), per stare tranquillo e riflettere sul mio futuro in attesa di trovare una squadra per continuare a giocare.
Mi iscrissi in una palestra bellissima a Gavà playa, zona residenziale a pochi minuti da Barcellona, per mantenermi in condizione fisica nell’attesa di rimettere i pattini. C’erano anche 4 campi da Padel; pensai che era un’ottima alternativa per mantenere la velocità, i riflessi e alimentare quella sensazione competitiva della vittoria che per me era fondamentale e allo stesso tempo mi permetteva di conoscere persone nuove e socializzare, visto che alla fine di una partita di Padel non può mancare “l’ultimo set”: una birra tra amici.
In alcuni momenti mi soffermavo a pensare: cosa farò quando attacco i pattini al chiodo? Fare l’allenatore di hockey sarebbe stata una possibilità, il mio sogno, però non ci sono mai certezze!
Le idee non mi sono mai mancate, però trovare un’alternativa piacevole stimolante che riempisse il vuoto che mi avrebbe lasciato l’hockey dopo l’addio non era facile.
Iniziai a convincermi che il Padel era la cosa giusta. Mi permette di rimanere in ambito sportivo, offrire alla comunità un ambiente socievole o spingersi oltre con campionati agonistici e tornei professionistici; l’unica cosa a frenarmi il fatto che in Italia il Padel era praticamente sconosciuto, i numeri erano ridicoli, pochissimi campi, forse 20 in tutto lo Stivale, al cospetto di una nazione come la Spagna dove è lo sport più praticato dopo il calcio con circa 6 milioni. Insomma: mi era venuta un’idea folle.
Ricordo che guardavo giocare gli amici e pensavo che per me sarebbe stato facile e semplice, avvantaggiato dalla mia condizione di atleta professionista di hockey utilizzando il bastone, invece sono rimasto molto sorpreso perché il Padel è uno sport differente.
Mi invitarono a giocare e le prime volte non capivo nulla, la pallina mi passava attorno e non riuscivo mai a fare un punto, la tiravo sulla rete o direttamente fuori; poi la funzione dei vetri che tengono la palla in gioco dà una sensazione unica, rara, perché la tendenza in tutti è di non far passare la palla, mentre invece nel Padel ti dicono di farla passare e correre in avanti perché il vetro te la rimette in gioco. Mi resi conto che non era così scontato e facile come sembrava.
Giocavo quasi tutti i giorni, era divertente, praticamente in palestra andavo solo per giocare a Padel.
Dopo qualche mese tornai a giocare a hockey per tre anni, vinsi lo scudetto, giocai il mio ultimo mondiale con la Nazionale Italiana e la mia ultima stagione da professionista; a 44 anni decisi di attaccare i pattini al chiodo e in quel momento si azzerò tutto, era il momento di mettere in atto un nuovo progetto e fu così che mi dissi: “apro dei campi da Padel a Follonica”… ed eccoci qua!!!
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